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papirologia digitale
papiri a Parma Isabella Andorlini Giuseppe Botti

 

3 (Botti 104)

Papiro geroglifico funerario
per il dignitario Amenothes (’Imn-ḥtp)

Provenienza: Tebe (acquisto da Francesco Castiglioni, il 20 luglio 1830)
Datazione: XVIII Dinastia (1580-1320 a.C.)
Dimensioni: 30,5 x 31,5 cm

La parte che sovrasta il testo del papiro, contenuto in sedici colonne verticali, in scrittura geroglifica funeraria, che comprende la riproduzione dei capitoli XXIX A (coll. 1-7½) e XXX B (coll. 7½-11), seguìti dalla rubrica (coll. 12-16) del Libro dei Morti, è tutta occupata dalla rappresentazione assai deteriorata, purtroppo, di una rudimentale scena della pesatura del cuore sulla bilancia. Questa campeggia nel mezzo: l’indice è sormontato dall’immagine di una testa umana col capo coperto da una parrucca nera: sul piattello destro (per chi guarda) è il cuore del defunto, in color rosso; su quello sinistro, l’emblema della Verità, infisso sopra un mattone, in verde cupo. Assistono alla cerimonia, alla destra, i quattro geni funerari Amset, Duamutef, Kebehsenuf, Hapi, mummiformi, muniti di ampia parrucca nera sul capo con la massa cadente sulla schiena, i lembi sul davanti del petto, seduti sulle ginocchia, con lo sguardo fisso verso la bilancia. Sopra il loro capo sono scritti i loro nomi, in modo corretto secondo la consueta loro posizione, innanzi a Osiris nella sala della psicostasia: Amset, Hapi, Duamutef, Kebehsenuf, non però in corrispondenza con le figure sottostanti, perché, sotto il nome di Amset, sta Hapi, sotto Hapi, Kebehsenuf, sotto Kebehsenuf, Amset. Solo Duamutef è nell’esatta corrispondenza. Alla sinistra, pure rivolte verso la bilancia sono raffigurate stanti le immagini di Thoth, designato dall’iscrizione: Thoth, preposto alla scrittura dei due Dei, il capo (mancante) ricoperto da ampia parrucca nera, con la massa cadente sulle spalle, due lembi sul davanti del petto, rivestito della shenti dall’umbilico sino alle caviglie dei piedi, il braccio destro, allentato lungo la persona, stringente nel pugno della mano il simbolo della vita, il sinistro un po’ ripiegato sul davanti della persona col pugno chiuso, privo di oggetto o emblema, in rosso tutte le parti scoperte del corpo; la dea Mạ̣̣‘et, il capo, coperto da ampia parrucca come quella di Thoth, recinta però da un nastro, che racchiude il suo simbolo, e allacciato dietro la nuca, il braccio destro allentato lungo la persona stringente nel pugno il simbolo della vita, il sinistro ripiegato sul davanti della persona spingentesi a toccare il corpo di Thoth col pugno chiuso senza oggetti, in giallo la faccia, e tutte le parti scoperte del corpo, fuori della lunga tunica che la riveste da sopra i seni sino alle caviglie dei piedi, designata dall’iscrizione Ma‘et, signora del Cielo; e, da ultimo Osiris, sovrano della Verità, della cui figura mummiforme scorgesi solo la parte finale del pizzo osiriano, il resto di un piede e quasi tutto lo scettro ḥḳ3.t, raffigurato in giallo, che impugnava con le mani. La scrittura di tutto il testo, chiara, ben delineata, è riprodotta, con inchiostro nero intenso quasi nella totalità: è usato invece l’inchiostro rosso per la riproduzione del titolo del cap. 29 A (col. I), del cap. 30 B (fine della col. 7), e per tutta la rubrica (coll. 12-14 sino al cartello reale [col. 15]).
Come, in gran parte, sono rovinate le figure della vignetta, soprastante le colonne del testo, così, purtroppo, è molto danneggiata anche l’immagine del proprietario dei papiro, che segue la fine del testo, e stava innanzi a un altro andato perduto; e, cioè il dignitario preposto all’esercito e preposto alle barche (generale quindi e ammiraglio) Amenothes (’Imn-ḥtp), così designato dall’iscrizione che gli sovrasta il capo. Rappresentato stante, il capo coperto da ampia parrucca, recinto dalla shenti, dall’umbilico alle ginocchia, tiene il braccio destro, andato quasi interamente perduto, allentato lungo la persona; il sinistro, ripiegato sul petto, drizzato in alto, sorreggente con la mano, probabilmente una piccola tavola di offerta, con doni su di essa, dei quali scorgesi il pane t3, colorato in giallo. Il braccio però è spezzato poco sopra la metà. La faccia e le braccia sono colorate in rosso; dalle gambe, per metà perdute, scomparso è il color rosso, è rimasto un tenue color rosa pallido. Il nome, portato dal dignitario, assicura la provenienza del papiro da Tebe: le caratteristiche della scrittura lo assegnano pure con Sicurezza alla XVIII Dinastia (1580-1320 av. Cr.). Il verso non è scritto.
Con i Seguenti nn. 105-106 è stato restaurato dalla Signorina E. Caudana, direttrice del Gabinetto dei restauri del Museo egizio di Torino.

Bibliografia. È il più conosciuto dei papiri della collezione. Oggetto infatti di ripetuti scambi epistolari fra l’Ungarelli e il Rosellini (cfr. G. GABRIELI, Carteggio inedito fra I. Rosellini e L. M. Ungarelli, in Orientalia, n. 19 (1926), n. 84, p. 22, e n. 85, p. 23, e vedasi anche p. 64, lettera del Roseilini, in data 14 dicembre 1837), fu pubblicato dal ROSELLINI col titolo Breve notizia intorno un frammento di papiro funerario egizio esistente nel Ducale Museo di Parma, Parma, Carmignani, 1838, in-fol.,pp. IX-8 e tavola, con presentazione di Michele Lopez, allora direttore del locale Museo (cfr. IBRAHIM HILMY, Literatur etc. II, p. 182; G. GABRIELI, Giornale ecc., p. xxxvi, n. 49). Nel 1866, fu poi introdotto dal NAVILLE nel Todtenbuch,II, tav. XL (cap. 29 A); III, pp. 97-99 con la rubrica (cap. 30 B). Si sono in seguito ad esso riferiti: S. BIRCH, nella ZÄS 1867, p. 64; W. PLEYTE, ibid.,1873, p. 149; R. LEPSIUS, ibid., 1875, pp. 154-155; G. EBERS, ibid., 1880, p. 56; LE PAGE RENOUF, nei PSBA XVI, p. 12; E. NAVILLE, ibid.,p. 232. Nell’insieme dei testi di Parma, cfr. NAVILLE, o. c., Einleitung I, pp. 86-87.

Testo (traduzione): [CAPITOLO 29 A (coll. 1-7½)] [1] Capitolo di non respingere il cuore del giustificato nelle azioni del mondo sotterraneo. Dice egli: « Il cuore mio [2] è in mio possesso, né avverrà che esso sia sottratto. Io sono il signore dei cuori, colui che distrugge il cuore. [3] Vivo io nella Verità, essendo (io) in essa. Io sono Horus, che risiede nei cuori, [4] colui che è dentro il residente nel corpo. Vivo io sulla mia parola, e il cuore mio sussiste. Non sia esso sottratto [5] il cuore mio da me, [né] sia esso ferito, né sia praticato taglio sopra di me per prenderlo. [6] Possa io essere nel corpo del padre mio Geb e della madre mia Nut, senza fare io cosa abbominevole al [7] cospetto degli Dei, senza che (io) soccomba là, nell’esser giustificato della voce ». [CAPITOLO 30 B (coll. 7½-11)] Capitolo di dare il cuore all’individuo nel mondo sotterraneo, [8] giustificato nelle azioni. Dice egli: « O cuore mio della madre mia, o cuore mio della madre mia, o cuore mio della esisten[9]za mia, non stare contro di me, quale testimonio mio, non essere ostile contro di me nella corte, [10] col vedere io te rivolto contro di me, alla presenza del custode della bilancia. Tu sei il mio ka, [11] che è dentro il mio corpo, (sei) Chnum, che rende vigorose le membra mie. Possiamo essere noi nel luogo felice, verso il quale noi andiamo!». [12] [RUBRICA (coll. 12-16)] (1) Parole da dirsi sopra uno scarabeo di (nefrite), montato in elettro, il cui anello (è) di argento (e) [13] sia posto sul collo del glorificato (= il defunto). Fu trovato questo capitolo in Shemun (= Hermopolis magna) sotto i piedi (della statua) della Maestà [14] di questo dio venerando (epiteto di Thoth), sopra un mattone di smalto dell’Alto Egitto, scritto nella scrittura del dio in persona, al tem[15]po della Maestà del Sovrano dell’Alto e Basso Egitto Micerino (Mn-k3.w-r‘),giustificato, da parte del figlio del Re, Hardedef (Ḥr-dd-f) (2), che lo rinvenne, mentre egli trovavasi in [16] viaggio per fare ispezione nei templi.

(1) In altri papiri questa rubrica segue il capitolo LXIV (cfr. BUDGE, The Book of the Dead, I, pp. 140-141). Nel grande papiro di Torino (Lepsius, Todtenbuch, Bl. 16) segue invece il cap. XXX, che contiene parti del cap. XXX A e XXX B. Vedasi anche cap. 148 del Papiro del Louvre (XIX Din.) = NAVILLE, Todtenbuch, I, tav. 167.
(2) Figlio del Faraone Cheope, vissuto al tempo della IV Dinastia.

Note: il frammento è stato recentemente riconosciuto come parte dello stesso papiro cui appartengono anche il frammento Botti 105 e altri frammenti conservati a Lund (P.Lund KM 21934) e a San Pietroburgo (P.St.Petersb. 1107).

Bibliografia: I. Rosellini, Breve notizia intorno un frammento di papiro funerario egizio esistente nel Ducale Museo di Parma, Parma 1838; Botti 1964, 36-40; Conversi 2008, 443-4; Andorlini 2019, 25-7; Conversi 2019, 104-5; scheda Progetto Osiris; scheda Totenbuch Projekt; scheda Trismegistos.

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